IL VESPRO DELLA BEATA VERGINE

(Scenari Visibili)
26 febbraio 2022 | h 21:00

con Dario Natale / regia di Mauro Lamanna / disegno sonoro Alessandro Rizzo / scena Pasquale De Sensi / contributi strumentali Mattia Natale, Donato Parente / vfc Giorgia Morabito / abito di scena Santina Nicotera / foto Angelo Maggio, Luca Imperiale / grafica Pasquale De Sensi, Annarita Russo / comunicazione Domenico Benedetto D’Agostino / produzione Scenari Visibili / www.scenarivisibili.it

Antonio Tarantino (1938 –2020) per il teatro italiano contemporaneo è stato un punto di riferimento, uno scrittore irregolare in tutti i sensi, per la sua biografia, la sua lingua, le sue trame che hanno lasciato un segno importante. La poetica di Tarantino si lega irrimediabilmente al disincanto, all’ironia, alla lucidità beffarda della sua visione politica e esistenziale, che nei suoi lavori diventa una graffiante fotografia della dimensione sociale collettiva e personaggi che sono come anime eternamente ferite, sconfitte ma disperatamente vive. In un’ intervista aveva dichiarato: “La Storia è come una sfinge: promette senza mantenere o getta sul piatto delle cose imprevedibili. Io sono giunto a una conclusione provvisoria: non c’è niente di prevedibile, non si possono avere certezze, non c’è nessun determinismo. Il nostro pensiero è traviato da molte idee rassicuranti, come oppio che ci impedirà di vedere le cose per quelle che sono, semmai sia possibile dotarsi di efficaci strumenti di analisi”. La sua analisi era contraddistinta da toni feroci e una splendida lingua, perché da subito Tarantino si è posto il problema della lingua e della scrittura come direttamente collegato al teatro e alla sua evoluzione in senso innovativo. Il vespro della Beata Vergine, insieme a Stabat Mater, Passione secondo Giovanni e Lustrini, è parte della splendida raccolta Quattro atti profani, straordinaria tetralogia di ispirazione religiosa, tragica e grottesca narrazione di un mondo di antieroi commoventi e strazianti.

…Nel suo mimetismo, nel procedere da un ruolo all’altro, fino a dar voce impastata a un commissario di polizia intabarrato nel suo lungo impermeabile, a un infermiere o al proprietario della pensione che reclama un sospeso lasciato dal suicida, Dario Natale si carica sulle spalle tutta la forza interpretativa delle parole tarantiniane: corpo che vibra, che pulsa, che risuona e in cui, come forse avrebbe detto Tarantino stesso, la parola “gira”. E si fa carne, s’imperla di sudore e infine arriva, tutta, con tutta la sua forza squassante. Michele Di Donato  ilPickwick.it